De Rossi è già un capitolo chiuso, sui giornali viene ricostruito il perché dell’esonero: intanto Juric conduce il primo allenamento della Roma
L'esonero di De Rossi è stato il risultato di un mix di fattori: scarsi risultati sul campo, divergenze interne con la dirigenza, e tensioni sulla gestione di alcuni giocatori chiave
L’esonero di Daniele De Rossi dalla panchina della Roma ha generato molto scalpore e sorprese, non solo per i risultati sportivi, ma per una serie di tensioni interne che hanno contribuito alla decisione. Ecco i motivi che hanno portato alla rottura tra l’ex giocatore simbolo dei giallorossi e il club.
Mancanza di Risultati alla base, ma non solo
Il punto cruciale dell’esonero di De Rossi è stato certamente il rendimento della squadra. Dopo otto mesi alla guida, la Roma aveva raccolto solo tre punti in quattro partite, risultati che la dirigenza ha considerato inaccettabili, soprattutto in relazione agli investimenti fatti durante il mercato estivo. La società aveva fissato come obiettivo minimo la qualificazione alla Champions League, ma le prestazioni della squadra non erano all’altezza delle aspettative, considerando anche il calendario non particolarmente difficile.
Rapporti Tesi con la Dirigenza
Oltre ai risultati deludenti, una delle ragioni principali del licenziamento di De Rossi è stata la mancanza di sintonia con una parte della dirigenza, in particolare con la CEO Lina Souloukou. Il rapporto tra i due non è mai stato particolarmente positivo, e questo ha creato ulteriori attriti. Secondo quanto riportato, Souloukou aveva altre idee per il futuro della Roma, volendo promuovere persone di sua fiducia, come Modesto e Palladino. Tuttavia, la proprietà dei Friedkin aveva deciso di proseguire con De Rossi, almeno inizialmente.
Le Divergenze sulla Gestione di Dybala e il Caso Zalewski
Un altro motivo di tensione è stata la gestione di alcuni giocatori chiave, come Paulo Dybala. De Rossi aveva visioni differenti rispetto alla dirigenza su come sfruttare al meglio il talento dell’attaccante argentino. Inoltre, è emerso il “caso Zalewski”, un giovane di grande prospettiva il cui utilizzo in campo ha generato discussioni all’interno dello staff tecnico e della società.
Il Ruolo di Francesco Totti: forse il punto chiave della vicenda
Un fattore non trascurabile è stato anche il coinvolgimento indiretto di Francesco Totti. L’ex capitano della Roma aveva recentemente rilasciato alcune dichiarazioni pubbliche che, secondo alcune fonti, riflettevano il pensiero di De Rossi. Questo ha ulteriormente complicato i rapporti all’interno del club, poiché una parte della dirigenza ha interpretato le parole di Totti come un attacco velato alla gestione della Roma.
Un altro aspetto che ha incrinato il rapporto tra De Rossi e la società riguarda le scelte legate alla direzione sportiva. Durante la sua permanenza, De Rossi aveva suggerito i nomi di Massara e Burdisso come nuovi direttori sportivi, ma queste proposte sono state ignorate dalla dirigenza. Al loro posto, è stato nominato Ghisolfi, che, fino a oggi, non ha ancora rilasciato dichiarazioni pubbliche.
Alla fine, i Friedkin, dopo aver analizzato attentamente la situazione, hanno deciso di intervenire e sollevare De Rossi dall’incarico, convinti che fosse ancora possibile salvare la stagione con un nuovo allenatore. La scelta è ricaduta su Ivan Juric, già esperto del calcio italiano, che avrà ora il compito di rilanciare la squadra in classifica e gestire un ambiente che si preannuncia tutt’altro che semplice. Scuola Gasperini, carattere forte e carismatico, un modo di giocare che potrebbe adattarsi al valore dell’attuale rosa. Poco tempo per dare una risposta in campo, che spetta ai giocatori: sono più o meno gli stessi e hanno già visto passare da Trigoria almeno tre allenatori diversi.
Ivan Juric è arrivato a Trigoria in un clima teso. Ha firmato un contratto fino a giugno 2025, con un’opzione di rinnovo legata alla qualificazione in Champions League, e ha subito iniziato gli allenamenti in vista della partita contro l’Udinese. Juric porta con sé un sistema di gioco basato sulla marcatura a uomo e il modulo 3-4-2-1, diverso dal calcio più flessibile di De Rossi. I Friedkin hanno fissato l’obiettivo Champions, mentre Juric dovrà gestire la squadra, inclusi gli impegni europei e l’assenza di Saelemaekers e Zalewski. Dopo esperienze con Crotone, Genoa, Verona e Torino, questa rappresenta la sua prima grande opportunità per qualificarsi in Champions, un traguardo che alla Roma manca da sei anni.
La principale incognita per Juric è l’aspetto atletico, poiché non ha ancora preparato la squadra al suo stile di gioco, che richiede un grande sforzo fisico. Sarà necessario del tempo per far assimilare ai giocatori i suoi princìpi, soprattutto considerando che molti di loro, come Dybala, Pellegrini, Cristante, Paredes e Hummels, non eccellono per dinamismo. Juric dovrà impiegarli nel modo più funzionale, ma è probabile che contro l’Udinese non si vedrà una squadra molto diversa da quella che ha pareggiato contro il Genoa. A centrocampo, Juric preferisce una mezzala fisica e una tecnica; per l’esordio, potrebbe schierare Cristante e Koné, con Pellegrini avanzato insieme a uno tra Dybala e Soulé. In futuro, potrebbe rilanciare Paredes e mostra interesse per il giovane Pisilli. Tuttavia, due giocatori che avrebbe voluto, Bove e Kumbulla, sono già stati ceduti.
Fonti | Sky Sport, AS Roma Live, Il Messaggero, Il Corriere dello Sport.
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