Perdite di tempo, quali sono i minuti effettivi di gioco in Serie A? E negli altri campionati?
In Serie A, il calo dal 63,2% di tempo effettivo pre-VAR (intorno ai 57 minuti) ai attuali 54 minuti riflette un gioco più fisico e veloce, ma anche più frammentato a causa di rimesse dal fondo e falli laterali interminabili
Una domanda che ci siamo fatti tutti, soprattutto guardando alcune partite di Coppa come la Champions League, oppure le partite della Liga e della Premier. Certo, il concetto di tempo subisce l’effetto momentaneo del tifoso, dove per chi sta vincendo due minuti possono sembrare un’eternità (e per chi perde un concetto astratto tra la sofferenza eterna del Purgatorio e un teletrasporto dal 90′ al fischio finale), ma il concetto è semplice. Qual è quindi il tempo effettivo di gioco? Le interruzioni, le proteste e le strategie per rallentare il ritmo hanno trasformato le partite in eventi spesso frammentati, riducendo il tempo dedicato al gioco puro.

Proposte oggetto di studio, come il tempo effettivo puro (30 minuti per tempo, come nel basket), sono state discusse dall’IFAB e sostenute dal 62% dei tifosi italiani in sondaggi recenti, ma richiedono cambiamenti strutturali per evitare partite che superino le due ore. Nel frattempo, osservatori come Sky Sport e Corriere dello Sport sottolineano che iniziative come i recuperi “maxi” (fino a 15 minuti in casi estremi) non bastano: serve un approccio olistico per allineare la Serie A agli standard europei. Con l’entrata in vigore delle nuove regole, si spera in un’inversione di tendenza, che potrebbe rendere il calcio italiano più appealing e competitivo a livello globale, garantendo partite con almeno 55-56 minuti di azione reale e riducendo le disparità con Ligue 1 e Premier League
In Italia, la Serie A sta affrontando un problema ormai cronico riguardo il tempo effettivo di gioco, che non solo compromette lo spettacolo ma anche la competitività internazionale delle squadre italiane nelle competizioni europee. Secondo delle analisi recenti, condotte su dati statistici da osservatori come il CIES e Opta, il tempo effettivo – ovvero i minuti in cui il pallone è in movimento e le squadre sono impegnate in azioni di gioco – è in calo in molti tornei, ed in modo accentuato nel nostro campionato. Questo fenomeno, che coinvolge proteste, infortuni simulati (quasi mai reali), ritardi nei rinvii dal fondo e nelle rimesse laterali, rischia di penalizzare il prodotto calcistico italiano, rendendolo meno attraente per i mercati esteri e per le platee globali.
Nelle prime giornate della stagione 2025/26, la media di tempo effettivo giocato in Serie A si attesta intorno ai 52 minuti e 55 secondi per partita, un valore che non raggiunge nemmeno i 53 minuti complessivi. Questo dato emerge da un confronto dettagliato con le statistiche ufficiali delle leghe europee che evidenziano come l’Italia sia il fanalino di coda tra i cinque principali campionati continentali. Un esempio emblematico è l’incontro tra Inter e Udinese nell’ultimo turno prima della pausa nazionali: la partita è durata 98 minuti totali, inclusi 2 minuti di recupero nel primo tempo e 6 nel secondo, ma il gioco effettivo si è fermato a soli 50 minuti e 6 secondi, quasi la metà del tempo disponibile. Questo squilibrio è aggravato da una tendenza in peggioramento: nella stagione 2024/25, la media era di 54 minuti e 50 secondi, mentre nel 2023/24 superava i 55 minuti (precisamente 55 minuti e 17 secondi). Rapporti del CIES confermano che, su un campione di 70 partite analizzate all’inizio della stagione precedente, in 12 casi il tempo effettivo non ha superato il 50% della durata totale, con esempi estremi come Empoli-Monza (44 minuti) o Genoa-Inter (46 minuti). Al contrario, squadre come Juventus e Napoli tendono a mantenere ritmi più elevati, con partite che arrivano a 58-64 minuti di gioco reale, come nel caso dello 0-0 tra le due che ha registrato 64 minuti e 10 secondi di azione.
Le cause principali di queste interruzioni in Serie A includono la palla che esce dal campo (responsabile del 20% circa del tempo perso, secondo il CIES), i falli (14,8% del totale, con una media di 30 secondi e 6 decimi per ogni episodio) e le attese per le decisioni VAR. Nonostante l’aumento della durata media delle partite – da 95 minuti e 41 secondi cinque anni fa a 98 minuti e 24 secondi oggi, grazie a recuperi più ampi – non c’è una correlazione diretta con un incremento del tempo effettivo. Questo porta a una perdita cumulativa stimata in oltre 50 ore di calcio “vero” in una stagione, rendendo il torneo italiano meno dinamico rispetto ai concorrenti europei.
L’Italia ultima per intensità di gioco
Un’analisi comparativa tra i cinque grandi tornei europei – Serie A, Premier League, Bundesliga, LaLiga e Ligue 1 – rivela disparità significative. In questa stagione 2025/26, la Ligue 1 francese guida la classifica con una media di 56 minuti e 54 secondi di gioco effettivo per partita, seguita dalla LaLiga spagnola a 55 minuti e 58 secondi, dalla Bundesliga tedesca a 55 minuti e 32 secondi e dalla Premier League inglese a 54 minuti e 21 secondi. La Serie A, con i suoi 52 minuti e 55 secondi, risulta oltre il 7% inferiore alla media francese, un gap che si traduce in circa 4 minuti di differenza per gara. Dati Opta e CIES, elaborati per le stagioni dal 2023 al 2025, mostrano che in Premier League si è passati da 58 minuti e 12 secondi nel 2023/24 a 57 minuti nel 2024/25 e ora a 54 minuti e 21 secondi, un calo marcato nonostante l’apparente fluidità del gioco inglese.
In Bundesliga, il trend è simile: da 57 minuti e 18 secondi a 56 minuti e 21 secondi, fino ai attuali 55 minuti e 32 secondi. La Ligue 1 mantiene variazioni minori (da 57 minuti e 29 secondi a 57 minuti e 21 secondi, ora 56 minuti e 54 secondi), mentre la LaLiga resta stabile intorno ai 56 minuti. Complessivamente, l’Europa sta vivendo un declino nel tempo effettivo, parzialmente attribuibile ai recuperi ridotti rispetto al post-Mondiale Qatar 2022, quando si superavano sistematicamente i 10 minuti extra per tempo, portando a medie di 58 minuti e 4 secondi nei tornei internazionali.
Questi confronti non sono isolati: studi come quello di OneFootball per la stagione 2013/14 (aggiornati con i trend recenti) indicano che la Premier e la Bundesliga hanno storicamente guidato per fluidità, mentre la Serie A, pur seconda in alcuni report passati (52 minuti e 50 secondi nel 2022), è scivolata all’ultimo posto. In termini percentuali, il tempo effettivo in Italia rappresenta circa il 58-60% della durata totale, contro il 62-65% in Francia e Inghilterra, evidenziando come le interruzioni italiane siano più frequenti e prolungate.
Il calcio si distingue come l’unica disciplina sportiva in cui è possibile “strategicamente” dilazionare il tempo, un aspetto che alcuni difendono come parte integrante della tattica difensiva, ma che tradisce lo spirito agonistico del gioco. In Serie A, le perdite derivano principalmente da ostruzionismi deliberati, come i ritardi nei rinvii del portiere o nelle rimesse, e da interruzioni involontarie amplificate dal VAR e dalle cinque sostituzioni consentite. Secondo il CIES, il 17,6% del tempo vede il pallone fermo, con picchi in partite “nervose” dove i falli e le proteste dominano. Questo frammentato ritmo non solo riduce l’intensità – penalizzando potenzialmente le squadre italiane in Champions ed Europa League, dove il gioco è più continuo – ma favorisce anche infortuni muscolari, dato che gli stop frequenti alterano il flusso atletico. Analisi storiche, come quelle di Marca, indicano che nel weekend peggiore della Serie A 2022, la media era inferiore ai 50 minuti, con Lazio-Atalanta come eccezione positiva a 63 minuti e 25 secondi. Il trend europeo è simile, ma meno pronunciato: in Qatar, le regole anti-perdite hanno portato a 58 minuti medi, un modello non pienamente recepito nei campionati nazionali.
Tentativi per combattere il problema
Per arginare queste derive, l‘International Football Association Board (IFAB) ha introdotto modifiche regolamentari mirate, entrate in vigore dal 1° luglio 2025 e già testate al Mondiale per Club. La novità principale riguarda i portieri: se trattengono il pallone per oltre 8 secondi (invece dei precedenti 6), la sanzione non è più un calcio di punizione indiretto in area di rigore, ma un calcio d’angolo assegnato agli avversari, dalla zona più vicina alla posizione del portiere. L’arbitro segnalerà visivamente i ultimi 5 secondi con un conto alla rovescia, senza ammonizione immediata salvo recidive. Questa regola, sperimentata con successo nel campionato Primavera italiana (dove prevedeva rimesse laterali), mira a scoraggiare le dilazioni, specialmente nelle fasi finali quando una squadra difende un vantaggio. Altre innovazioni includono la “pausa calma” per gestire tensioni (solo i capitani possono dialogare con l’arbitro), annunci pubblici post-VAR per spiegare decisioni controverse e test su bodycam per gli ufficiali di gara. L’obiettivo è elevare il tempo effettivo almeno a 60 minuti per partita, come auspicato di recente dal presidente FIFA Gianni Infantino.
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