Esteri

L’Arabia Saudita cerca di sconvolgere l’ordine mondiale del calcio con gli acquisti eccellenti dai top campionati europei

Scritto da Adriano Piscopo, 31 Ottobre 2023 - Tempo di lettura: 6 minuti

Ma ci sono dei meccanismi interni alla nazione, dietro a questi grossi investimenti, che vale la pena analizzare. Sicuri che l'Arabia voglia veramente competere con l'Europa? Anche in Arabia avanza la generazione Z.

Quando il club saudita Al-Hilal ha messo sul piatto un’offerta da 1,1 miliardi di dollari per ingaggiare Kylian Mbappé,  comprensiva di 332 milioni di dollari per il Paris Saint-Germain (PSG) e uno stipendio da 775 milioni di dollari all’anno, è partita la campagna di indignazione dei detrattori per sportswashing. L’articolo che segue è tratto da un’indagine della CNN, che ha approfondito il legame recente dell’Arabia Saudita con il mondo del calcio.

Mentre Mbappé ha rifiutato l’offerta giunta sul tavolo del suo procuratore, nemmeno un mese dopo Neymar Jr. ha detto sì ad Al-Hilal: la stella brasiliana si è trasferita dal PSG per 90 milioni di euro. Ma non è l’unico caso.

La crescita del calcio arabo

La crescita del calcio arabo

In una finestra di calciomercato estivo caratterizzata da trasferimento record, i club della Saudi Pro League (SPL) hanno speso in tutto quasi 1 miliardo di dollari, acquistando 94 giocatori stranieri provenienti dalle principali leghe europee tra cui la Ligue 1 francese, La Liga spagnola, la Serie A, la Bundesliga e la Premier League.

Di questo fenomeno in cui l’Arabia tenta di darsi un tocco di modernità aumentando notevolmente il tasso tecnico delle proprie squadre della massima serie, a molti esperti è sembrato che la maxi spesa dell’Arabia Saudita sia “servita” per non tanto trasformare la sua lega di calcio nazionale in una competizione stellata, quanto per mostrare la serietà della sua ambizione.

Il principe ereditario saudita, Mohammed bin Salman, afferma che non gli “importa” che l’investimento del paese nello sport venga descritto come sportswashing.

“Beh, se lo sportswashing aumenterà il mio PIL dell’1%, continuerò a fare sportswashing”, ha detto MBS in un’intervista a Fox News.

Premuto sulla questione se fosse infastidito dall’uso del termine, MBS ha continuato: “Non mi importa. Ho una crescita del PIL dell’1% dallo sport, e puntiamo a un altro 1,5%. Chiamatelo come volete, otterremo quell’1,5%”.

I club sauditi, molti dei quali acquisiti dal Public Investment Fund (PIF) del paese, hanno già assunto tra le proprie fila alcuni dei nomi più influenti dello sport, per incrementare la competitività sul campo e fuori dal campo, con l’auspicio che questi giocatori stranieri possano aiutare a migliorae il “giovane talento saudita“.

Durante la finestra di trasferimenti estivi, il PIF controllato dal governo ha aumentato il valore cumulativo di almeno quattro club di quasi cinque volte il loro valore inziale, rendendoli i più preziosi del paese, secondo stime del sito web sportivo Transfermarkt.

Tabella degli investimenti di quest'estate fatti in Arabia

Tabella dei principali investimenti di quest’estate fatti in Arabia (fonte CNN)

Il PIF – presieduto dal principe ereditario saudita Mohammed bin Salman – ha acquisito la proprietà di quattro dei club di calcio più forti del paese: l’Al-Hilal, campione nazionale 18 volte, l’Al-Ittihad, campione nove volte, l’Al-Nassr, campione nove volte e l’Al-Ahli, campione tre volte. Per quale di queste quattro compagini abbia un debole, non è dato saperlo. Forse per la squadra che ha ingaggiato il fresco vincitore del Pallone d’Oro 2022 Karim Benzema, che si è unito all’Al-Ittihad alla scadenza del contratto con il Real Madrid. O per l’Al-Nassr di Cristiano Ronaldo?

Le quattro squadre del PIF hanno speso quasi 900 milioni di dollari (835,1 milioni di euro), classificandosi tra i primi 20 club al mondo per spesa di trasferimento e posizionandosi accanto ai giganti del calcio inglese, francese, tedesco, spagnolo.

Solo l’Al Hilal ha speso più di 378 milioni di dollari (353 milioni di euro), cifra superiore alle attuali capacità economiche del PSG o dell’Arsenal, diventando il secondo maggiore spendaccione di quest’anno.

I giocatori appena acquisiti si uniscono al cinque volte Pallone d’Oro Cristiano Ronaldo, che ha un contratto di due anni con l’Al-Nassr che si stima sia portando nelle sue tasche la strabiliante somma di 200 milioni di dollari l’anno.

Tutti i calciatori più costosi approdati in Arabia Saudita giocano per uno dei quattro club di proprietà del PIF, che ha l’obiettivo di superare il trilione di dollari entro pochi anni. Nel 2021, PIF ha acquisito la proprietà del club inglese Newcastle United, fatto investimenti milionari come l’acquisto di Sandro Tonali dal Milan. Ma l’italiano è un giocatore tutto sommato giovanissimo anche se non ha l’appeal di Neymar.

I club sauditi, che ovviamente per molti calciatori in erba non hanno la forza attrattiva della Champions League o la competitività necessaria per garantire loro la convocazione in nazionale, hanno puntato sii grosse cifre per grandi nomi come l’ex capitano del Liverpool Jordan Henderson, ma che hanno un’età media di 33 anni – offrendo loro stipendi di 870.000 dollari alla settimana, cifre che difficilmente sarebbero state pareggiate dai loro precedenti club di appartenenza. La sensazione è che questa finestra di calciomercato sia servita da “apripista” per calciatori più giovani. Tra l’altro, in una recente intervista a The Athletic, proprio Henderson ha smentito che questi numeri “semplicemente non siano veri“.

I principali fondi di investimento nel calcio

Gli investimenti arabi nel calcio (fonte CNN)

L’amore dell’Arabia Saudita per il calcio

L’Arabia Saudita segue le orme di diversi altri paesi che viaggiano su binari simili, come Cina e Qatar, investendo ingenti somme di denaro per cercare di diventare delle superpotenze calcistiche, ma resta da capire se l’investimento turboalimentato dell’Arabia avrà un impatto duraturo o somiglierà più ad una costosa speculazione.

La nazionale saudita ha partecipato a diverse Coppe del Mondo, i club del paese hanno vinto titoli asiatici multipli. La vittoria dell’Arabia Saudita contro l’Argentina durante l’ultimo Mondiale maschile ad inizio anno è stata salutata come una delle più grandi sorprese nella storia del torneo, con il re Salman bin Abdulaziz Al Saud che ha concesso un giorno di festa nazionale in riconoscimento della vittoria. Può essere questo successo figlio dell’aumentato “tasso tecnico” nel campionato saudita? Sicuramente una delle pagine più positive di questa rinnovata passione araba per il pallone, ma i dati positivi non si fermano qui.

Le partite di club possono attirare nei loro stadi folle enormi da tutto il Medio Oriente. “Ad esempio, l’Al-Ittihad contro l’Al-Hilal, stiamo parlando di folle di 40, 50, 60.000 persone: affluenze comparabili ai sold out di una partita del Chelsea contro l’Arsenal, o del Manchester United contro il City. Avere gli stadi pieni, dove si celebra un evento sportivo sicuramente è un successo per qualsiasi popolazione. Lo sport non deve avere confini.

Dal punto di vista delle autorità saudite, lo scopo è sicuramente ottenere un prodotto già pronto da offrire alla propria gente. Tutti abbiamo sentito parlare di Benzema, tutti conoscono la bacheca dei trofei di Cristiano Ronaldo e così via: le ambizioni sportive dell’Arabia Saudita starebbero viaggiando sul trend della nomea dei suoi nuovi rappresentanti.

Attrarre i giovani con lo sport, mantenendoli legati alle loro tradizioni

L’Arabia Saudita ha una popolazione mediamente molto giovane, come suggerisce l’ultimo censimento del paese: ci che vivono 32,2 milioni di persone, di cui il 42% stranieri e il 51% della popolazione saudita con meno di 30 anni. Di questi oltre l’80% gioca, partecipa o segue il calcio, lo sport nazionale in Arabia.

Le autorità saudite cercano di offrire alla popolazione un’industria calcistica prospera per evitare la radicalizzazione dei giovani o la nascita di sentimenti anti-governativi.

Una delle ragioni di questi giganteschi investimenti si cela nella paura che il governo dell’Arabia Saudita potrebbe avere verso alcune tematiche occidentali, la paura che nuovi modelli si possano diffondere tra i giovani proprio guardando il calcio estero. Ovvero, il governo potrebbe essere preoccupato dalla prospettiva che i più giovani della società possano radicalizzarsi o che possano sviluppare un sentimento anti-governativo come quello che si ebbe nella Primavera Araba: per cui starebbe cercando di offrire alla sua popolazione un’industria calcistica prosperosa per mantenere il popolo prospero dando accessibilità alle usanze occidentali, come lo sport. Ma sono solo ipotesi.

La Primavera Araba, l’insieme delle proteste pro-democrazia che hanno investito il Medio Oriente e il Nord Africa nel 2011, ha ottenuto dei risultati contrastanti. Quattro dittatori arabi in Libia, Yemen, Egitto e Tunisia sono stati spodestati, dando la brezza di una breve vittoria per i dissidenti, ma da allora nuove guerre hanno provocato il ritirato di tutti i movimenti popolari della regione.

Tutte le sollevazioni fallite in Bahrein e nell’est dell’Arabia Saudita sono state seguite da una repressione durata anni e da una continua guerra civile in Siria. Quello che stiamo iniziando a vedere in Arabia Saudita in questo momento è l’emergere di un nuovo contratto sociale. E il contratto sociale è essenzialmente rivolto alle esigenze della nuova popolazione, la generazione Z.

“Vuoi Ronaldo? Lo hai. Vuoi alcune delle migliori squadre di calcio al mondo? Le hai. Vuoi che la Coppa del Mondo venga in Arabia Saudita? Bene… ma non mettere in discussione le tue origini”.

Gli esperti sottolineano che l’investimento nello sport potrebbe far parte di un piano più ampio delle autorità saudite per garantire la stabilità governativa. L’investimento nel calcio “può essere visto come parte di un piano socio-economico molto più ampio, gestito dalle autorità locali“.

L’importanza della reputazione e la necessità di attrarre investimenti esteri

L’autore del famoso blog “The Turbulent World of Middle East Soccer“, James Dorsey, sottolinea che l’Arabia Saudita abbia bisogno degli investimenti stranieri per realizzare la sua strategia di diversificazione economica. Il paese è il più grande esportatore mondiale di petrolio greggio, e secondo le previsioni, il regno ha circa 20 anni per diversificare la propria economia e garantire una maggiore resilienza ai cambiamenti economici e climatici, al fine di finanziare progetti come la città Neom da 500 miliardi di dollari, una città lineare lunga 170 chilometri chiamata The Line e un piano futuristico per la ristrutturazione della capitale.